Pantheon
Il tempio del Pantheon di Roma viene eretto sull’area del Campo Marzio, dove, secondo un’antica tradizione, il fondatore della città, Romolo, sarebbe asceso al cielo.
L’impianto primitivo della struttura, eretto nel 27a.C. per ordine del console Marco Agrippa, è costituito da un tempio quadrato di stile greco consacrato al culto di tutte le divinità che venivano venerate nelle varie regioni dell’Impero. A seguito di terremoti ed incendi, appena novanta anni più tardi, Adriano reputò che fosse necessario provvedere ad un profondo restauro. Fra il 118 ed il 128 d.C., infatti, l’edificio subisce varie modifiche nell’impianto con l’aggiunta del pronao, e l’erezione della più grande cupola in calcestruzzo mai edificata. Benché la struttura risultante del Pantheon possa considerarsi ben distinta da quella preesistente, l’imperatore Adriano volle che sul frontone del portico fosse apposta un’iscrizione che ricordava il primo committente: “M.Agrippa L:F: Cos Tertium Fecit” – “Lo costruì Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta”.
Nel 608 d.C. Foca, imperatore di Bisanzio, cede il tempio al Papa Bonifacio IV che, dopo averlo consacrato al culto cristiano, lo rinomina “Sancta Maria ad Martyres”; pochi anni più tardi, nel 663d.C., Costante II, nuovo imperatore dell’Impero d’Oriente, dà ordine di rimuovere e trasportare a Costantinopoli le tegole in bronzo dorato che ricoprivano il pronao, ma queste vengono rubate dagli arabi durante il trasporto via mare.
Fra il 1623 ed il 1644 d.C., per ordine di Papa Urbano VIII Barberini, i rivestimenti bronzei del portico vengono destinati in parte alla costruzione del Baldacchino del Bernini in San Pietro ed in parte alla fusione di alcuni cannoni per la fortezza di Castel Sant’Angelo. L’episodio, insieme alle varie spoliazioni di materiali da costruzione che in quegli anni venivano perpetrate sui monumenti della Roma imperiale, fece nascere fra la gente il detto: “Quod non fecerunt Barbari, fecerunt Barberini” – “Quello che non fecero i barbari lo fecero i Barberini”.
Negli stessi anni, per la volontà del pontefice di accentuare il carattere clericale della struttura, il Bernini progetta e guida i lavori per la costruzione di due campanili ai lati del timpano del pronao che, da subito invisi alla cittadinanza, tanto da essere soprannominati “le orecchie d’asino”, saranno eliminati sul finire del XIX secolo. Il Pantheon cela dietro al porticato con 16 colonne di granito, alte circa 14 metri e con una circonferenza di oltre 4, un ambiente circolare illuminato solo dall’apertura di 9 metri di diametro dell’ “oculus” posta sul vertice della cupola. Per raggiungere gli oltre 43 metri d’altezza ed al tempo stesso di diametro di quella stessa cupola, gli architetti romani furono costretti ad alleggerire progressivamente i carichi, usando materiali sempre più leggeri e spessori sempre più sottili via via che la costruzione procedeva verso l’alto. Mentre i muri di base in travertino sono larghi circa 6.5 metri, salendo per i restanti 5 settori concentrici di cui si compone il Pantheon lo spessore decresce fino ad 1.5metri, e si incontrano passo a passo anelli in miscela di travertino e tufo vulcanico, in tufo e mattoni, in mattoni, in mattoni e pietra pomice, e, al vertice della struttura, in vasi di terracotta vuoti e pietra pomice.
All’interno, le modifiche rispetto ai prospetti di epoca imperiale sono dovuti essenzialmente agli arredi sacri della chiesa e alla presenza dei monumenti funebri di Baldassarre Peruzzi, Taddeo Zuccari, Raffaello Sanzio e dei reali d’Italia.
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